Promuovere la cura oltre l’accoglienza: il dialogo con il territorio e la creazione di contesti inclusivi

Chiedendosi cosa ci sia al di fuori dei sistemi di accoglienza e dei percorsi di presa in carico dell’accoglienza, una prima evidenza è che le giornate di un minore o di una minore non si esauriscono nei passaggi tra comunità, scuola e servizio sociale. Sullo sfondo ci sono paesi e città, c’è un mondo intero con cui fare i conti.
Ci sono gli spazi di aggregazione, i parchi, le piazze, i campetti in cui si trascorre il tempo libero. Ci sono i bar, i supermercati, i centri commerciali.

C’è il sistema del trasporto pubblico, i treni e gli autobus su cui si incrociano i corpi e gli sguardi di centinaia di persone, su cui si fanno amicizie e ci si innamora, su cui ci si sente osservati e giudicati. Ci sono i luoghi in cui si possono incontrare persone che vengono dallo stesso paese o parlano la stessa lingua, come i luoghi di culto, i negozi gestiti da connazionali, alcune piazze o alcune vie. E poi c’è il web a offrire un’infinita gamma di opportunità di relazione e di connessione con mondi più o meno vicini.


Si tratta di spazi, di tempi e di avvenimenti che molto spesso sfuggono allo sguardo e al controllo dei policy maker e dei professionisti dell’accoglienza, ma che rivestono una grande importanza nel vissuto quotidiano delle ragazze e dei ragazzi accolti. Molto spesso sono proprio questi i contesti in cui si vivono le esperienze più forti, da quelle di pieno coinvolgimento e di cittadinanza attiva fino a quelle di rifiuto, di discriminazione e di razzismo.

Diventa allora fondamentale attivare e curare una fitta rete di connessioni con tutto ciò che sta al di fuori del perimetro formale delle politiche e degli interventi, con quella società civile e con quelle comunità territoriali con cui i ragazzi e le ragazze sono e saranno sempre più chiamati a confrontarsi giorno dopo giorno, soprattutto una volta fuori dal percorso formale di accoglienza.
La cura di questa rete di connessioni si traduce in azioni di ascolto, di coinvolgimento e di promozione culturale.

L’ascolto dei e delle minori da parte delle figure adulte interne ai percorsi di accoglienza permette di cogliere aspetti e questioni legate alla vita quotidiana dei ragazzi e delle ragazze che altrimenti non sarebbero né conoscibili né tantomeno osservabili. Una relazione autentica e una predisposizione verso l’ascolto consentirebbero di sollecitare il punto di vista di attori esterni al sistema dell’accoglienza proprio su questioni direttamente legate al disegno e all’implementazione delle politiche. Cittadine e cittadini sensibili possono giocare un ruolo di primo piano nel miglioramento e nell’integrazione delle prassi messe in campo dalle istituzioni e dal privato sociale, offrendo uno sguardo radicalmente diverso e, per questo, sempre stimolante.

In questo senso, sono da valorizzare tutte le forme di ingaggio e di coinvolgimento diretto della società civile con percorsi di volontariato, tutoring e sponsorship, ma anche quelle che vedono i cittadini e le cittadine in una posizione di critica o di denuncia nei confronti degli attori del sistema. La proattività e l’attivismo della cittadinanza possono arricchire e completare l’operato delle istituzioni, migliorare la qualità della proposta territoriale, spingere il sistema verso un livello più alto e più pieno di garanzia dei diritti di tutti e di tutte.

L’accoglienza è un tema caldo, spesso animato dal dibattito politico e dipinto in modo controverso. Forse anche per questo il desiderio e la disponibilità di attivarsi in prima persona riguardano solo una minoranza delle persone che abitano le comunità territoriali, che nell’incontro con l’altro sono disposte a mettere a nudo anche le proprie paure e i propri stati di angoscia.

Policy maker e professionisti del settore non devono perdere di vista la moltitudine di cittadine e di cittadini che nei confronti dei minori stranieri non accompagnati nutrono sentimenti di distanza, di indifferenza o di aperta ostilità.
Anche il dialogo con questi soggetti, per quanto a volte faticoso, rarefatto e difficile, può considerarsi come una parte integrante della costruzione di politiche inclusive.

Uno sforzo rivolto alla maggiore informazione – sul fenomeno migratorio, sul funzionamento delle politiche, sulle questioni di spesa pubblica, sugli aspetti giuridici – e alla maggiore conoscenza della situazioni dei e delle minori, a partire dalle storie di chi è accolto e dalle storie di chi è attivo per l’accoglienza, andrebbe a beneficio di tutti e di tutte nella misura in cui contribuirebbe alla creazione di un tessuto sociale e culturale maggiormente consapevole e maggiormente accogliente.

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